venerdì 12 febbraio 2021

Una rissa è lo spettacolo più bello del mondo.

Qualcuno di voi storcerà il naso, dicendo che no, si tratta solo di barbarie e, come tale, deve essere repressa, nascosta e tenuta a bada dall'ordine costituito. Complimenti, bella cazzata.
I più cretini di voi, ma quelli proprio proprio senza speranza alcuna, quelli che nemmeno una volta gli si è appicciata nella capa una luce appena abbastevole a fargli balenare il pensiero "ohibò, mi sa tanto che sono un cretino", un pensiero che, da solo, non dico poco ma l'avrebbe sollevato fino alle altezze dei filosofi greci! Ma una roba che, nel caso, avrei raggiunto il genio, la mente superiore in grado di elaborare questo straordinario concetto e si sarebbe trovato intestato casa mia per la gratitudine, iniziando io quindi una vita di vagabondaggio ma felice di aver donato conforto e riparo a chi più di me, molto ma molto più di me, ne aveva diritto.
E invece no, dicevo, solo la sozzura umana, l'anima della chiavica di questo mondo starà pensando "non è esempio da dare ai bambini, non si deve insegnare che la violenza abbia una sua bellezza"... ecco, cortesemente, avviate le vostre belle teste di minchia, le vostre idee da Domenica del Corriere con il carabiniere in copertina (a proposito, eccovelo bello servito l'ordine costituito, quelli sì che ne sanno di violenza gratuita) e pure la vostra bassa considerazione della filosofia greca, convinti come siete che gente come Socrate e Platone, ma anche un onesto gregario come Anassimandro, siano stati solo inchiappettatori seriali in tunica colorata. Fatto questo ennesimo pensiero dimmerda nella vostra testa buona solo per essere trasformata in bicchiere da un minchione longobardo, prendete e buttatevi dentro la più vicina latrina con un tuffo da far impallidire d'invidia un ragazzotto messicano agio a buttarsi dalle scogliere per pochi spiccioli e briciole di fica generosamente donata da sparute ragazzotte annoiate, ma più facilmente da vecchie e danarose vecchie americane, anche loro annoiate.
Non capite un cazzo, fatevelo dire da me. Che ve lo posso dire anziché no.


Non c'è spettacolo più bello al mondo di una cazzo di rissa come si deve. 
E quella che andrò a raccontare è stata la madre di tutte le risse, una roba da far passare in secondo piano una svendita della Standa, da relegare Waterloo a un fatterello di corna dove due cornute, appunto, si tirano i capelli in un androne condominiale per la gioia delle commari di tutto il rione Sanità e nemmeno perché umiliate dal comportamento di uno che, a guardarlo, una femmina come si deve non gliela dovrebbe dare nemmeno se ne avesse una d'avanzo, no, ma proprio perché resosi conto di essere state fatte minchione da un batrace simile, pensano di recuperare femminilità nel modo sbagliato, imitando l'uomo. La donna tradita, per essere davvero femmina, ben altri comportamenti dovrebbe avere, ma che ve lo dico a fare che già vi fa male la capa e non capireste un cazzo, questa ce la teniamo per dopo, non mi interrompete.
No signori belli, qui si era di fronte al completamento di mesi, ma che dico mesi, anni di preparazione metodica e puntigliosa da parte di persone che facevano della violenza non la ragione di vita, quella è una cazzata che i finti artisti cagano fuori dalle bocche durante le solite interviste dei rotocalchi di cui sopra, per giustificare il fatto che loro, nella loro insulsa e micragnosissima vita, non hanno mai lavorato manco per il cazzo datosi che avevano l'arte come ragione stessa d'essere, mentre la loro, di vita, veniva abbondantemente ragionata da qualche milione di imbecilli disposti a bersi le loro minchiate.
No, questa gente aveva fatto della rissa una scienza esatta. E non devo venirvelo a dire io, che pure potrei e nemmeno poco, che non c'è niente di più poetico della matematica.
Ma sì, ve lo devo venire a dire io, che voi non capite un cazzo.
La matematica ha permesso la costruzione di minchie di ferro francesi sotto le quali centinaia, no, migliaia di miliardi di ingenue ragazzotte che mai prima avevano permesso a uomo nemmeno di avvicinarsi, figuriamoci toccarle, hanno avuto agio a separarsi da gonne, sottane e crinoline tanto velocemente da far tornare questi indumenti indietro nel tempo, a quando erano erano ancora palle di cotone raccolto da chi, a raccoglierlo, era convinto a frustate. 

Ma sto divagando, e la colpa è solo vostra.
Andiamo, come dicono quelli bravi, alla fredda cronaca.

Peppino il Greve giaceva a terra coperto di sangue, suo e di chissà di chi altro, con un sorriso estatico da sembrare quello di un martire cristiano. Il viso, almeno quello che era possibile ancora definire tale e che faceva la sua comparsa tra un ematoma e una ferita lacero contusa, e qui mi fermo per non divagare ancora ma quante cazzo di pagine e pagine di letteratura che i Promessi Sposi sono una cazzata scritta da un barman longobardo si potrebbero scrivere sulla poesia delle parole "ferita lacero contusa", madò, non mi fate dire o piango come un bambino pensando solo ai diritti d'autore che mi garantirebbero una vita tra cocktail con l'ombrellino e pompini regalati da ragazze in bikini di dimensioni interdentali. I bikini, ovviamente, perché e'femmine mi piacciono con tutta la gioia che una vita di vino, cibo e risate possono mettere intorno alle ossa. Fatto sta che Peppino il Greve aveva l'espressione di quella santa che non sai se sta vedendo il paradiso o glielo hanno appena fatto pure sentire n'miezz'e cosc', il paradiso. Quella merda umana capace di vendere sua madre al mercato, e se a fine serata non l'aveva venduta era disposto pure a venderla a trance come un tonno, aveva  un'espressione da far invidia, i muscoli del viso erano modellati per far capire che lui sì, lui era uno che sa quale cazzo è il suo posto nel mondo e che sì, porco cazzo, la sua vita ha senso, ha avuto senso e per sempre lo avrà, fanculo a tutti voi che ancora lo cercate e vi addannate l'anima nella speranza di trovarlo mentre, al suo confronto, siete solo scarafaggi che spingono avanti e indietro la loro bella palla di merda.
Il suo giacere era muto, silenzioso, se ne stava lì, come uno stronzo che ha lavorato tutta la settimana dentro un ufficio umido e la domenica ha la singolare e originalissima idea di andare al mare a Ostia. E dopo due ore di fila sulla Colombo, altre due ore per cercare parcheggio in un posto dove, semplicemente, parcheggio non c'è, non esiste, è una favola e un gioco, perché le strade quelle sono da quando Ostia non era ancora la fortezza di Helm di tutta la mafia laziale e non. Ma le macchine, invece, le macchine sono si sono moltiplicate come le buche, buche che hanno mandato figli di gommisti a studiare nei migliori college americani e permesso ai gommisti stessi di mettere dentro casette discrete e silenziose stormi di rumene, russe, moldave e ucraine dalle gambe lunghe come fenicotteri destinate a riempirsi di grasso e ciccia diventando palle al piede esattamente come le mogli di cui dovevano essere la prima riserva, i numeri dodici. Il problema è che poi sono diventate delle numero Uno bis, che è peggio della numero Uno regolare, quella sposata dentro le mura di santa romana chiesa, perché la bis, quando parla, non la capisci anche e più della Uno di ruolo.
Tolto il colore del sangue e l'espressione sulla quale mi sembra si sia ampiamente detto sicché, la faccia di Peppino sembrava in tutto e per tutto un cesso cagato e pisciato del più fetente McDonalds d'Italia, il lunedì mattina, un attimo prima del primo turno di pulizia settimanale, dopo un week end in cui il turno festivo aveva deciso che non era pagato abbastanza per quello schifo di lavoro.
La rissa, dicevo.
No, dicevo di Peppino, che non vi ho detto nemmeno perché si chiama così.

No, ve lo dico un'altra volta. E smettetela di interrompermi che poi perdo il filo del discorso.

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