venerdì 5 febbraio 2021

Il quartiere era quieto, almeno escludendo quelle cazzo di sirene della polizia.Non si muoveva una macchina, le strade erano state bloccate e transennate per un raggio di almeno due chilometri dal palazzo. Togliendo le carrozzelle degli storpi, non si muoveva nulla che avesse le ruote, men che meno un motore. Non si sentivano nemmeno i ciaetti smarmittati, quelli che sembrano essere stati creati solo per passarti sotto casa a tutte le ore del giorno, anche alle tre di notte, quelli che, dio ti perdoni, più di una volta hai sperato di sentirli spengere dopo un colpo di pistola.
Il casino, comunque, era garantito da almeno una quindicina di volanti felici di strillare ognuna con la propria sirena, in perfetto disaccordo con tutte quante le altre. Tra i tanti motivi che ci sono per odiare gli sbirri del cazzo, beh, c’è anche il non avere senso del ritmo.
Molti tra i presenti si chiedevano perché non le spengessero, anche perché si vedeva chiaramente quanto anche gli sbirri fossero infastiditi da quel rumore simile al campanello di casa suonato da una suocera, ma nessuno osava farle smettere. In seguito si venne a scoprire che fu lo stesso Vergnaghi a ordinare di non fermarle per nessun motivo, l’idiota voleva tutta l’attenzione possibile.
Non credete alla stronzata che ha detto dopo, che voleva coprire con le sirene il rumore degli spari per non spaventare la popolazione, quel cretino le ha lasciate suonare proprio perché, di spari, sapeva benissimo che non ci sarebbero stati.
Senza contare poi, che per spaventare via Mattia Battistini, ci sarebbe voluto solo il ritorno dei tedeschi. E dovevano portarsi dietro pure la Luftwaffe, altrimenti niente.
No, il coglione voleva tutta la scena per prendersi l’attenzione dei giornali.
Beh, la ottenne. Magari non come desiderava, ma questo è un altro discorso.
Vergnaghi non è mai stato nulla di diverso da una ben costruita testa di cazzo, in pratica, con quel bordello da film americano voleva finire sulla prima pagina pure della Gazzetta dello Sport. Dall’inizio dell’indagine aveva avuto un solo e unico pensiero: se riesco a prendere Menuri, meglio una frase celebre o una foto memorabile?
Ora, tutto si può dire su Vergnaghi ma bisogna riconoscergli l’indubbio merito di essere un indiscutibile imbecille e, contrariamente a quanto si crede, non è qualità da sottovalutare. L’idiota rischiò addirittura di arrivare tardi all’operazione che lo avrebbe reso immortale, l’arresto in grado di farlo entrare nei libri di storia corse il rischio di non vederlo protagonista perché si stava facendo i capelli. I capelli. Anche solo per questo, una figura di così elevata stronzaggine, deve essere amata alla follia: è forse possibile non rimanere affascinati da una dimostrazione così evidente di come noi tutti si discenda da una razza che vive tra gli alberi, mangia banane e si tira la merda addosso per risolvere i conflitti?
Ecco, Vergnaghi è talmente cretino che la prenderebbe dal culo di un altro.
Negli ambienti si dice come avesse pensato tutto, progettato i minimi particolari dell’arresto, insomma, dopo anni e anni in cui il Pesante ostentava una libertà quasi oscena, anni in cui faceva quel che cacchio voleva passando tutte le sere nei locali alla moda, perennemente con una mano sul culo di attrici e cantanti che poi sarebbero andate il sabato sera a Fantastico da Pippo Baudo… quel demente doveva essere devastato dall’invidia.
Quelle attenzioni, quei riflettori, quella fama, la voleva lui.
Insomma, nel palazzo entrarono l’equivalente di tre reggimenti di poliziotti, tutti armati con mitra, pistole, fucili, torce, forconi e l’anima di tutti i più selezionati mortacci loro, tutto quello che potevano portarsi dietro: se fossero passati per le scale, si sarebbero portati pure dei siluri, da usare nello sventurato caso che Menuri si stesse facendo il bagno.
Tutto perfettamente inutile.
Per l’arresto di Loris Menuri non fu sparato nemmeno un mortaretto, una miccetta, una stella filante. Niente. Non fosse stato per il casino delle sirene, lo avrebbero preso e portato via senza che lo notassero nemmeno le signore intente a stedere i panni sui balconi.
Quello fu lo strano, il motivo che fece alzare più di un sopracciglio in tutto il quartiere.
Il Pesante lo consideravano tutti come capoccia fina… insomma, poteva anche starti sulle palle, ma non avresti trovato nessuno convinto di poterlo fregare, men che meno le guardie, considerando come lui, invece, era sempre riuscito a prenderli per il culo… invece non passano nemmeno venti minuti e dal portone del palazzo escono i primi sbirri per fare strada,  un corridoio tra i tanti giornalisti e fotografi presenti, una roba che, da un momento all’altro, ti aspetti tirino fuori le spade e facciano quella stronzata che vedi ai matrimoni dei militari. Dopo qualche secondo apparve Vergnaghi. Vestito bene, quello che indossava sembrava quasi essere l’abito della festa: l’indomani, sarà sulle prime pagine di tutti i giornali e ci tiene a non sfigurare, lo stronzo. La differenza con Menuri, era incredibile: camicia bianca fuori dai pantaloni, senza giacca, spettinato, con le manette ben strette ai polsi visibili a tutti. Non gli misero nemmeno quelle normali che vedi nei film americani ma aveva i polsi strizzati da quella cosa solo italiana che sembra uscita da un racconto dell’inquisizione spagnola, quella roba pesantissima con la vite a farfalla sopra, manette che non si limitano a immobilizzare ma fanno un male cane se te le stringono troppo, e le stringono sempre troppo, gli stronzi.
Si fa presto a cambiare idea su una persona: tutti ma proprio tutti a Roma abbiamo sempre pensato che Menuri, cazzo, parliamo del Pesante, non lo avrebbero mai arrestato. Vivo, almeno. Era chiaro come il fatto che un paio di belle zinne piacciono a tutti che la sua storia sarebbe finita su un’isola tropicale a godersi i miliardi o in un capodanno di pallottole che nemmeno a Napoli. Negli occhi dei presenti si vedeva qualcosa di assurdo, avevano istantaneamente cambiato idea su Menuri perché, nel vederlo così malmesso come mai nella vita, a tutti sembrò solo un altro povero stronzo preso dalla polizia, uno dei tanti che si sono creduti furbi e l’hanno fatti cojoni. Improvvisamente, quello che tutti avevano creduto un dio, appariva come un vecchio del cazzo, uno tanto spezzato da non opporre nessuna resistenza all’arresto. Lui, che nessuno aveva mai toccato, che non aveva mai permesso ad anima viva nemmeno di sfiorarlo, lasciava che Vergnaghi lo conciasse in quel modo prima di portarlo fuori, facendosi trattare come un cane al guinzaglio.
Quando era chiaro che stavano per uscire, le vecchie sui balconi hanno iniziato a segnarsi. L’assenza totale di ogni rumore di spari, esplosioni, grida e ambulanze faceva paura. Quello fu davvero strano. Si dovrebbe saltare nel sentire uno sparo, nel vedere un infermiere scendere di corsa da un’ambulanza che si ferma di colpo vicino casa tua, al cinema, se vogliono spaventarti, mettono delle accidenti di musichette di sottofondo spesso più paurose di un mostro fatto con sputo e cartapesta. Qui, la paura, quella vera, era nel silenzio.
Altri poliziotti di merda escono dal palazzo, seguiti da altri stronzi in divisa, qualche coglione gallonato e un piccolo gruppetto di tizi in borghese con la faccia di chi non è stato cresciuto con la giusta dose di sberle e vaffanculo, mistura che è stata ben presente nella di vita di tutti quelli che si trovano dall’altra parte del cordone di polizia. Stretti l’uno contro l’altro, spintonandosi per conquistare uno scorcio migliore della scena, ci sono ragazzini con le magliette di Mazinga e donne con ancora in mano le buste della spesa, gli immancabili vecchi in canottiera con i loro “lo sapevo” e “ve l’avevo detto che andava a finire così” vicini al nutrito gruppo di puttane che, grazie alla banda, hanno mandato figli alle private e comprato case al mare.
I morti di fame aspettavano di vederlo uscire esattamente così, umiliato e sconfitto, pestato a sangue come capita sempre a loro quando uno dei cravattari si stanca delle loro fregnacce: guardavano Menuri fare la vita che volevano, che sentivano di meritare, senza minimamente considerare che le palle del Pesante, loro, ma quando mai.
I piccolo borghesi, impiegatucci bavosi con le loro vite da primo, secondo e contorno, non sapendo un cazzo di come va il mondo e stronzamente convinti che una cattura equivalga alla fine di una onestissima carriera criminale, andarono in cantina a cercare i coglioni messi ad appendere anni prima a stagionare come salami e se li riattaccarono, regalando a destra e sinistra frasi su come era ora che finisse questo schifo e lo Stato si fa sempre sentire, finalmente, adesso sì che andrà tutto meglio e tutte queste altre idiozie che varranno un bel pestaggio a sorpresa quando torneranno a casa l’indomani dal lavoro. Perché lo Stato, come lo chiamano loro, il giorno seguente sarà tornato dentro al palazzo dimenticandosi di chi cazzo sei e dove cazzo abiti, ma gli amici del Pesante no, loro sì che si ricorderanno una mancanza di rispetto, specie se fatta da una mosca che il giorno prima nemmeno ronzava.
Poi c’è la gente. Mattia Battistini può fare schifo a tanti, può fare paura a tanti e, girando per Roma, senti tante di quelle cazzate su Primavalle da riempirci un’enciclopedia come quelle che ti vendono porta a porta e finisci di pagare da vecchio, con tuo figlio che non l’ha mai aperta nemmeno per sbaglio e trucca i motorini per fare la giornata. Quando non li ruba. Adesso sarebbe facile dire che la gente vera è questa e tutte quelle boiate che scrive Pasolini sul giornale. La verità è che, alla fine, non gliene frega un cazzo a nessuno di quello che sta succedendo… tutti quelli nel piazzale sono incazzati con la Polizia perché non si vedono mai, perché quando serve a loro, non si fa vedere nessuno. Tutti hanno avuto casa svaligiata, tutti possono lamentarsi di uno scippo, un furto o dell’animaccia di qualcuno che gli ha portato via qualcosa che sentivano loro di diritto, dimenticandosi ovviamente che se lo avevano loro, significa solo che lo avevano perché rubato a qualcun altro. Sono incazzati perché gira e gira, qualcosa dei soldi, dei tanti soldi del Pesante, finiva per cadere anche nelle loro mani.
Adesso se ne stavano andando affanculo. Portati via dalla polizia.
Nel piazzale si potevano contare un centinaio di persone, molte altre ne stavano ancora arrivando. Tutte quante avevano uno e un solo pensiero in testa.
Sbirri di merda.
Il ritmo dei poliziotti che uscivano era diminuito bruscamente, fino a interrompersi del tutto. Impossibile sapere cosa stesse per succedere. Le voci non rispettarono quella che poteva essere una pausa drammatica perfetta ma si intensificarono ulteriormente, a chi diceva che al Pesante  avrebbero sparato propro lì nel piazzale, come un cane; almeno fino a quando non iniziò a prendere piede una voce messa in giro da un ragazzino del cazzo, brutto come una sconfitta in casa, che avrebbero ammazzato il Pesante usando una spada, come faceva un giapponese in vestaglia nei cartoni della tv.
Il tempo di esibire un sorriso studiato sicuramente a lungo davanti allo specchio e il coglione tirò per un braccio il Pesante facendolo entrare in scena con un goffo sobbalzo.
Vergnaghi sorrideva. Nonostante il fastidio delle luci accecanti, sorrideva. Non voleva una foto come le altre, dove lo stato ha un banale sguardo truce: sapeva che gli occhi di tutti erano per Menuri e lui doveva fare qualcosa di nuovo, diverso, audace come l’uomo che sentiva di essere.
Eccolo continuare allora a sorridere, un sorriso tutto incisivi e canini, una superficie dentaria tanto bianca che avrà sbiancato col Dash.
Quindi sorrise alle macchine fotografiche,  allargando le braccia per chiamare l’applauso.
Come Caruso, il suo idolo, a cui vorrebbe tanto assomigliare.
Non può vedere, è abbagliato e distratto.
Non ha voluto nessuno vicino: chiunque avesse osato entrare nell’inquadratura sarebbe stato trasferito nella più lontana caserma del più fetido buco di culo disponibile in Italia, anche in Eritrea, se possibile.
Solo e cieco com’è, non potè fare nulla.
Non lo vide nemmeno partire.
La fronte del Pesante lo colpì in pieno viso riducendogli il naso in poltiglia, nel cadere all’indietro disegnò in aria un arco di sangue tanto vivido e perfetto da costringere molti giornali a pubblicare la prima pagina a colori pur di non perdere tutta la potenza di uno scatto fortuito ma perfetto. Sui quotidiani che non poterono comprare quella foto ce ne sarà un’altra, non meno significativa: il questore Vergnaghi a terra, svenuto e coperto di sangue, mentre Loris Menuri, rigido e immobile, fissa il corpo a terra con uno sguardo di inaudita durezza. Guardando quella foto penseresti a un re mentre osserva il corpo del nemico sconfitto, non all’arresto di uno dei criminali più ricercati di Roma.

Lo trovarono che ancora dondolava.
Non proprio caldo caldo ma nemmeno freddo da dire che stava appeso da chissà quanto tempo.
Archiviarono il fatto come volontario: una corda con un nodo che sanno fare cani e porci, uno sgabello ribaltato e tanti saluti. Nell’ambiente ne capitano talmente tanti da non fare più notizia, nessuno gli diede poi tutta questa importanza.

Diverso sarebbe stato se i colleghi non gli avessero tolto dai polsi le manette con cui aveva umiliato il Pesante.


4 commenti:

  1. Oooooh... Il mio feed RSS mi ha portato questa piacevole sorpresa! :)

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  2. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  3. Finalmente ho ritrovato il blog e riesco a godere della tua scrittura, per me è davvero un piacere. Grazie

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