martedì 11 marzo 2014

Due settimane fa.
Forse qualcosa di più.

La presentazione di questo

http://www.editoririuniti.net/shop/inchiesta/servitevi-da-soli/

Signori, ve lo dico subito, prendete una mezza giornata di ferie.
E' lunga.

Si vada ad incominciare.

Alla fine, ci siamo arrivati.
E venne il giorno.
Senza alberi a dirci “uh che bel panorama da quel balcone”. 

Appuntamento alle 18,30.
Messaggio alle 14.
“Ciao Paolo, sarebbe meglio coordinarsi coi relatori prima della presentazione, ce la fai a stare in libreria mezz'ora prima?”
Risposta.
“...a dirla tutta, io sono qui già da mezz'ora, un vigile mi sta multando per occupazione di suolo pubblico”

Moglie e figlie in numero di due a sopportarmi da giorni.
Mattinata lavorativa nella quale la risposta standard era “bwarf gnababa”
“Lo avete l'Iphone color magenta?”
“Bwarf”
“Scusa?”
“Gnababa”
“Magari ripasso quando siete in casa”

“Questa lavatrice quanti giri di centrifuga ha?”
“Bubu”
“Eh?”
“Lalalla”
“Lei è stato assunto regolarmente o ha ucciso un dipendente per fregargli la felpa?”
“Gne”
“Mi dica dov'è il cadavere, non mettiamo in mezzo la Sciarelli che fa brutto”

A stento ricordo il mio nome, per arrivare a Roma, da casa mia, c'è solo l'Aurelia.
Riesco a prendere la Pontina.
Come, non so.
Un dì paperina.
Viene automatico dopo il “non so”. Magari solo a me, non so.
Col babbo passò.
E si ricomincia in loop.

Arriviamo in zona.
NON C'E' PARCHEGGIO.
Strano, vista la zona.
Primo giro a cercar posto.
Chiara, figlia adolescente stacca un attimo gli occhi dall'Ipod.
“Qui ci siamo già passati”
“Sono un abitudinario”
“Però, le targhette in ascensore non le leggi”

Sono un padre felice.

Secondo giro.
Sempre lei.
“Hai preso la coda di volpe e vinto il giro gratis?”

Sono sempre un padre felice.

Terzo giro.
Un tizio davanti a noi parcheggia.
“Sbaglio, o ti succede sempre?”

Adesso sono un padre nervosamente felice.

Quarto giro.
Sembra esserci un posto dopo una macchina, sorriso cannibale, accosto leggermente a destra, una macchina mi sorpassa, la sfanculo mentalmente pensando “primoooooo, puppaaaaaa”.
Spunta, nascosta da un posteriore sporgente come nemmeno quello delle Cacao Meravigliao, una cazzo di Smart. 
Posto occupato.
Giusto in tempo per vedere il tizio che mi ha sorpassato bloccare tutta la strada aspettando l'uscita di un tizio, mettere LUI la freccia e parcheggiare.
“Papo, pensa che potevamo essere noi al posto suo”

Brancaleone che grida Viva Lo Papa Vero, un biondino da poco monco che disconosce una paternità appena scoperta, Janet Leigh incazzata perchè non potrà mai usare quel balsamo appena comprato.
Un urlo che li racchiude tutti insieme.
Irene, la piccola.
“Mamma, esistono davvero tante parolacce?”

Quinto giro.
Lungotevere. A due passi da un semaforo. Esce una station wagon con rimorchio al seguito. 
Asfalto una vecchia, investo passeggini, colpisco il classico camion cisterna che, mettendosi di lato, rovescia il suo contenuto (di solito sono cose rimbalzanti o un liquido bianco) sulla strada ma arrivo per primo.
Ho un Agila.
Mi metto in modo da occupare TUTTO il posto.
Penso a quelli che arriveranno dopo di me e penseranno “Guarda sto stronzo, se la metteva mezzo metro più avanti c'entravo pure io”.
E invece NO.
“Mamma, papo ha fatto gli occhi rossi, mi fa paura”

Scendiamo in leggero ritardo rispetto alla tabella di marcia, mancano solo due ore.
Mi rimane poco tempo da dedicare al panico.

Sperare che la fine del mondo arrivi entro un'oretta, fatto.
Immaginare di essere colpito da un pezzo di Hubble, fatto.
Sentire che a mia suocera hanno finalmente consegnato l'ultima dispensa de “Fattucchiera Moderna: Speciale Voodoo” ed essere colpito da istantaneo coccolone, fatto.
Aver pensato “chissà se ci trovo il Chinotto?”, fatto.

Passeggio nervosamente per Roma.
Maledetti tutti.
E' una bellissima giornata e tutti sorridono. Stormi di bambini felici in costume da carnevale, ragazzi e ragazze che si baciano in ogni combinazione possibile, passo davanti alla sede di Forza Italia e la trovo chiusa creando dentro di me un subitaneo pensiero felice, cammino senza vedere dove vado e colpisco con la spalla un tizio con un tatuaggio “Mi madre è na stronza, mi padre l'ho accortellato. Levate dar cazzo”, pure lui sorride e, addirittura, si scusa come fosse stata colpa sua. 

Insomma, il mondo sta complottando contro il mio sano nervosismo.

Sono le 17,15.
Sms di mia suocera: “Crepa, crepa, crepa!”
Risposta “Si dice In Bocca Al Lupo”
Controrisposta “Sei grosso, con un mozzico solo non t'ammazza”

17,20.
Telefonata di mia mamma.
“Tuo fratello è arrivato? Sta bene? Digli che se dopo vuole passare, sto preparando la fenice arrosto, gli piace”
“Mamma, hai detto che non venivi perchè stavi poco bene”
“Mentivo. Luca non ci sarebbe mai cascato ma Nostro Signore m'ha dato la possibilità di farne solo uno fatto bene. Ti ho mai detto che non eri voluto? Aspetta, forse ti abbiamo adottato, non ricordo”

17,30.
Sono davanti alla libreria. 
Il posto è carino, troppo carino. Dà l'idea di un posto con barriere elettroniche antipezzente.
Forse entro già.
O forse faccio un altro giro.
Riconosco uno dei relatori, Francesco, che esce dalla libreria. 
Già qui?
La mia attenzione viene catturata dalla ragazza al suo fianco.
Quasi improvvisamente l'asse terrestre cambia angolazione, il nord diventa sud causando la prima migrazione pinguinica che storia ricordi ed il significato stesso del verbo “ululare” acquista nuovi significati.
“Mamma, papo sbava”
“Non preoccuparti, se non smette entro due secondi inizierà a sanguinare”

Smetto.

Decido per un altro giro sottobraccio a Chiara, 14 anni, di bellezza devastante e causa della mia prima denuncia a piede libero per Crudeltà Eccessiva dopo uno sguardo da parte di un suo compagno di classe che non mi era piaciuto.

Lo so.
La coerenza è sopravvalutata.

Fine del giro.
Ritorno verso la libreria bovinamente. Non mi accorgo di chi mi circonda, non riesco davvero a vedere nulla intorno a me.
Entro.
Vedo un'ancora di salvezza rappresentata dalla macchinetta del caffè del bar interno.
La barista più scontrosa dai tempi di Hansa Cupiello Schwarzkpof, classe 1912 che rispose “Al vetro lo prentono solo i frikkettoni, caro il mio baffetto del kazzo, qui il kaiser songhe ie” guadagnandosi una croce al merito prima della fucilazione, riesce a capire il mio desiderio di caffè e darmelo dopo solo venti minuti.

“Dovevo da tajà er limone a cubetti pe er the” - dice

“A cubetti? Fa differenza?”

“Er ghiaccio nei cocktail, com'è?”

“A cubetti”

Mi guarda brandendo uno di quei coltellini piccoli da scavo, quelli che farebbero paura solo a Gongolo ma, in mano a lei, creano perturbazioni nella forza.
"Allora zitto e aspetta"

Aspetto.
Genoveffa mi prepara finalmente il caffè.
Al vetro.
Odio il caffè al vetro, odio il caffè in tazza, in tazza grande, il cappuccino senza schiuma, il cappuccino senza latte, il marocchino, il mokaccino, il ginseng, il theseng, il colpo che te pìa, l'accidenti che te coje, er problema che t'accora e er dubbio che te rode.
L'Associazione Maschiale Italiana, che mi fregio di rappresentare in quanto fondatore, ideatore ed unico socio, decreta senza eccezione alcuna dei Comandamenti:

1. Esistono tre colori. Non ne servono altri.
2. Gli uomini non piangono. Mai.
3. Gli uomini non ballano. Non si muovono a tempo. Essi sono statici.
4. Il caffè deve esse caffè.

E BASTA.
L'Accademia della Crusca, invece di rompere tanto le palle coi congiuntivi, participi e trasremoti dovrebbe dire una ed UNA cosa sola:

E' VIETATA QUALSIASI ALTRA PAROLA E/O TERMINE DOPO AVER DETTO “CAFFE'”

Tu chiedi un caffè e loro, nello specifico la categoria baristica, ti danno un caffè.
A loro piacere.
Lungo, corto, crema non crema.
Come ti capita.
Questo è l'unico caso dove, davvero, conta saperlo fare e non le dimensioni.

Nel frattempo arriva gente.
Arrivano amici che conosco e persone che credo di riconoscere dalle foto profilo.
Sogghignano quasi tutti.
Mi appare istantaneamente in testa un insegna al neon grande due piani con scritto SCAPPA.
Davvero. Ho sul serio questa immagine.
Il problema è che la parte cialtrona del cervello ci aggiunge Freddie che urla e due immortali sotto a duellare. A questo punto penso che, se ce l'ha fatta un francese che interpreta uno scozzese al fianco di uno scozzese vero che però fa uno spagnolo, a battere un americano che somiglia in maniera quasi sconvolgente a mia suocera, beh, posso farcela anche io.

Poi, capita quello che mi fa definitivamente decidere di rimanere.

Una voce conosciuta da un lato.
“No, dico, buonasera”

Mi giro.

Jeans attillati.
Maglietta Desigual.
Foularino frou frou al collo.
Giurerei anche per un borsello fintoetnico al fianco ma diciamo di no.
Occhi azzurrissimi.
Che guardo come li vedessi per la prima volta.
Punto un dito più o meno nella sua direzione in maniera molto confusa ed indecisa.

“...Luca?”

Mio fratello mi guarda.

“Va bene l'emozione, ma adesso mi sembri più rincoglionito del solito”

“Luca, da che mondo è mondo, tu non hai vestiti, hai un'uniforme. Jeans chiazzati di stagno, dolcevita bianco e maglione verde. Ai piedi, Superga bianche, le scarpe che ti vendono già zozze perchè si slerciano guardandole. Adesso sembri il padre di Justin Bieber”

Si avvicina.
“Tra poco salirai su un palco con tutte queste persone a guardarti ed ascoltarti, tutti si aspettano qualcosa da te, si aspettano tanto da te. Sono usciti di casa apposta, hanno cercato parcheggio, rinunciato al riposo domenicale, subito il traffico romano e si aspettano che tu li faccia ridere. Non ti conoscono, avranno voglia di sentire cosa hai loro da dire. E sono tanti”

Mi batte la mano sulla spalla.

“Non essere nervoso, andrai benissimo”

E svanisce in una nuvola di zolfo.
La famiglia.
Importante la famiglia.
Spero che mamma ti bruci la fenice e che non ti faccia il sorbetto di Cosmopavone, tiè.

Mi aggiro ancora con fare indifferente ed elegante in un territorio di un metro quadro. Non oso allontanarmi da qui. Qui sono solo, posso fare finta di non avere chissà quanti sguardi addosso.
Una ragazza dall'apparente età di dodici anni mi avvicina.
“Scusa tesoro, non lo so chi sia la tua mamma, ma se vuoi ti aiuto a cercarla”

Sguardo perplesso. Saluta facendo manina. 
Che bimba educata.
“Ciao, sono Desdemona (ha detto il suo nome ma, che in questo preciso istante io mi trasformi in un Chiurlo delle Lande Forensi se me lo ricordo) della casa editrice, seguimi, ti presento a Francesco.

Francesco Apolloni.
Attore. Regista. Scrittore teatrale. Scrittore pubblicato ben più di tutti i presenti in sala. La sua pagina di wikipedia ha un curriculum che, per vederlo tutto, devi girare tre volte la rotellina sul mouse.
Si alza e tende la mano.
“Ciaognaburfagnafasorbangnacco uuuuuuuuuu blomombobollo”

Sta dicendo qualcosa di carino, lo so, anche con incredibile proprietà di linguaggio.
Ma.
Non ce la faccio a seguirlo.

“Scallldjjjarceobomarejkiavic. Assendosse”

Tutte le mie forze sono concentrate su un unico pensiero.
Resisti.
Ti sta parlando.
NON GIRARTI A SINISTRA.
Lo so, da lì proviene una luce Giallodivinità, la stessa che aveva in mente Michelangelo Scarfiotti detto Il Botticella, senti nelle orecchie le note che avrebbe prodotto Hendrix se avesse suonato la viola, avverti in maniera distinta il profumo di una giornata di sole estiva e napalm.
NON GIRARTI.
E piantala di sbavare.
Sei stato avvertito una volta, alla seconda, mena sul serio.

“Bamimannnarticiajo. E lei è la mia ragazza, si chiama...”

ECCHECCAZZO JE L'HAI FATTA!

Finalmente posso girarmi e decidere che, se muoio in questo preciso istante, tutti sapranno che è stata mia moglie.
In salotto.
Col candelabro.

Fidatevi, ce l'ha. Non esce mai di casa senza.

Ho la lingua di fustagno e le gambe di gorgonzola. 
Sto per lanciarmi in un imbarazzante baciamano quando mia figlia Irene si frappone tra noi due.
“Il mio papo ha scritto un libro, lo sa signora?”

La principessa Leila le sorride.
“Sì piccolina, siamo qui per quello”

Si sorridono.
“Mi scusi se mi sono intromessa ma sono troppo piccola per sentire termini come “affidamento congiunto”, torno da mamma”

Francesco mi guarda con l'occhio di chi assiste a scene del genere ogni santo giorno.
La sala si riempie.
Chiacchieriamo tranquillamente, sapete quelle conversazioni tranquille, normali, anche banali che possono fare uno che fino a pochi istanti prima parlava con Raul Bova col suo Iphone 7s? 
Tu guardi gli ultimi messaggi ricevuti sullo schermo del tuo cellulare con lo schermo crepato.

- Mamma Cell. “Luca come sta? Chiedigli se ha mangiato”

- Mortaccitua Officina. “Me devi ancora 200 euro”

- Luca Fratello “Non ho mai voluto essere al posto tuo. Stasera meno che mai. Nervoso? Non esserlo”

- Mamma Cell. “Devo sapere se ha mangiato, mi si sciupa, lo so che mi si sciupa”

- Mario Delle Consegne. “Paolo amico di Mario! Dispiace non essere con te dividere gioia immensa ma moglie di me aspetta piccolo Mario e io sta a casa a coccole di lei. Poi rompo di cazzo ed esce a calcetto”

- Cicciotivvù. “Allora la presentazione è domenica prossima, vero?”

- Mamma Cell. “Ho spedito con Bartolini una porzione di lasagne per Luca. Quando arrivano scaldagliele”.
Chiacchiericcio chiacchiericcio chiacchiericcio.

Mi giro.
Gente che mi guarda.
Arriva Edoardo, comico, imitatore, è stato più volte geolocalizzato vicino alle sorelle Guzzanti.
Lo odio di un odio profondo ed istantaneo subito.
Non ha aperto bocca, quasi non mi ha guardato negli occhi, direi che ha solo avvertito la mia presenza ed, educatamente, ha allungato la pargoletta mano in quello che è considerato universalemente, Vulcano a parte, un cenno di saluto, non puzza, anzi profuma, è ben abbigliato e sorridente 
MA IO LO ODIO GIA'.

Non perchè sia giovane senza essere gggiovane.
Non perchè abbia fatto qualcosa di sbagliato.
Nemmeno perchè ho visto due tipe guardarlo e fare "uhmmmm".

No.
Magari per lui.
Avrebbe una possibilità di redimersi.
No.

Ok, flusso canalizzatore, 88 miglia orarie, 1,21 gigowatt.
Indietro nel tempo di dieci minuti.
Francesco è andato al bar e rimango solo al tavolo con la Principessa Leila.
In dieci minuti mi lancio in parapendio costruendo in caduta un paracadute utilizzando solo un vecchio lenzuolo del corredo di nonna, batto il record mondiale di giocoleria facendo ruotare sopra di me sette palline, una Singer anteguerra, tre bocce di pesci rossi ed un Turbostar Iveco, mi produco nell'enunciazione perfetta di tutto la produzione di Tacito in greco antico, riproduco la vicina Piazza Navona utilizzando solo bucce di limone e scopro la cura per la zeppola tanto che, al suono di millemila watt, sento la voce piangente di un cantante gggiovane urlare "Ho finalmente le tasche piene di SASSI".

Lei
Nemmeno
Uno sbadiglio.

Avesse detto "crepa".
Niente.
Non ha nemmeno sudato, cosa che, comunque, credo sia impossibilitata dalla sua natura di Assolutamente Meravigliosa a fare.

Arriva Edoardo.
Lei si alza, aprendosi in un sorriso che annulla il potere dezeppolante.

"Nooooo, caffo" si ode in lontananza.

E lo saluta.
E lo ascolta mentre parla.
Guardandolo.

"No, perchè dove avete parcheggiato voi? Io ESATTAMENTE QUI FUORI, un sedere pazzesco, stavano rimuovendo un Turbostar Iveco, non ho nemmeno dovuto fare manovra"

Edoardo.
Prima o poi uscirai di qui.
Tornerai alla tua macchina.
Quella sui blocchetti, sì, quella.
Poi tornerai a casa. 
Credendoti al sicuro.
Tu non sarai mai più al sicuro.
Non sarai mai folo. Mai più folo.
Farò il tuo Cato.
Fappilo.

Si gira verso di me tendendo la mano.
"Ciao, io sono Edoardo e..."

"No"

Perplime. Si permette anche di perplimersi.

"Come no, io sarei anche moderatamente certo di essere Edoardo"

"Non insistere, tu sei Buffy. Ed io la tua arcinemica"

Socchiude gli occhi.
"Beh, considerando la fine che fa, mi sta bene essere Buffy. Esco anche coi ragazzi più fichi"

Mi avvicino e ringhio.
"Sì, ma Spike è stato mio per prima, tu sei sempre una seconda scelta"

Ci stiamo fissando.
Il confronto diventa perplitudine.
Insieme, ci appoggiamo ai rispettivi schienali.
"Questo discorso sta prendendo una strana piega" - dico ruttando

"Vero" - annuisce mentre si risistema il pacco - "sbrighiamoci a fà sta cosa che gioca il Galatasaray. Hai visto ieri i campionati tedeschi di Incazzatura?"

"Non li avrei persi per nulla al mondo" - sputo e scaracchio - "dopo sono andato a spaccare legna con la fronte per riprendermi".

Nel frattempo, Francesco torna al tavolo e loro due fanno una cosa che, a ripensarci, ancora mi fa strano. Ma strano bello.
Tipo ti aspetti una Ben Cola ed invece arriva il Chinotto.
O improvvisamente arriva tua figlia piccola ad abbracciarti così, apparentemente senza motivo. 
Ti giri, vedi tutti sorriderti.
Penso, forse la sfango.

Poi, però, ti squilla il telefono.
Controlli ma sì, lo avevi spento.
Infatti non è il tuo, metti una mano nella giacca e ci trovi un 3310.

Quello di mamma.

"Pronto? Mamma ma cosa..."

"Zitto. Dimmi solo come sta andando, cuore di mamma sta in pensiero"

"C'è più gente di quanta pensassi, ancora non abbiamo iniziato ma..."

"Ma che diamine dici? LUCA HA MANGIATO? Dovrebbe arrivare da qui a poco anche Zia Luciana a portargli il secondo: il sushi di Panda Rosso ha bisogno di marinare parecchio"

Mi giro verso mio fratello.
Un corriere gli porge un pacco.
Allarga le braccia e si produce in un urlo belluino facendo cadere il pacco stesso e permettendomi di leggere il logo.
Zalando.

Era un così bravo ragazzo.

La mezz'età ne distrugge più del calcetto il giovedì, i reparti ortopedia si sono svuotati a favore del reparto "uomini?" di H&M.

Francesco ed Edoardo fanno una cosa inaspettata.
Tirano fuori ciascuno una copia del libro.
Entrambi l'hanno letto.

Uh.
Non credevo.

Ma non solo.
SOno copie consumate, con le orecchie agli angoli tipiche della lettura di pancia, con note sulle pagine e, in terza pagina, l'elenco delle battute migliori.

Mi ritrovo a sorridere come uno scemo.

Mi dicono l'ordine di entrata.
Francesco introduce e legge qualcosa, Edoardo legge.
Poi tocca a me.
Ok. Ma a fare che?

Nel frattempo, il chiacchiericcio intorno è diventato notevole.
Intravedo persone sorridenti.
Fa un bell'effetto.
Saliamo sul palco.

Ok.
Scusate.
Si è fatta na certa. Io andrei. No, sul serio, sono sicuro mi stiano mangiando il cane, ho lasciato un angolo della macchina di Edoardo priva di graffiti raffiguranti forme falliche di proporzioni imbarazzanti anche per uno sceneggiatore giapponese, Jesse Custer mi ha appena ordinato di contare cinque milioni di granelli di sabbia, devo calcolare fino all'ultimo decimale la radice di 2, ho giusto bisogno di una cedrata.

Francesco parla.
Tranquillo, sciolto, sciorina aneddoti e battute con calma innaturale. Legge alcuni brani del libro e mi ritrovo a ridere anche io. Fa uno strano effetto, ascolto frasi che ricordo vagamente, non mi sembra di averle scritte io.
Azzardo un'occhiata circolare ai presenti.
Facce sorridenti, sguardi che passano da Francesco a me ed ancora a lui.
Ne riconosco molti, altri ne intuisco.
Scopro di avere un grande seguito nella categoria Fotografi, se Hiroshishiba Nikon entrasse ora da quella porta sarebbe fiero di se.

Le mie figlie hanno occhi splendidi.
Intravedo due amici che mi fanno segno "aspetta che mi diano la parola".
Mi rilasso.

Adesso è il turno di Edoardo, vorrei approfittarne per tagliargli ancora più profondamente il cavo dei freni ma temo si noterebbe la mia assenza.
Legge anche lui dei brani.
Sono insieme imbarazzato e contento, tutto quanto mi sembra ancora incredibile.

"...ma adesso è arrivato il momento di sentire dalla voce dell'autore cosa ha da dire sul libro e sulla serata che stiamo vivendo"

Tocca a me.
Prendo fiato.
Cerco se nel cassetto "sorrisi rilassati" c'è ancora qualcosa ma sbaglio clamorosamente facendo esplodere l'anta dell'armadio "paresi subitanea".

E parlo.

Leonix Italia, Reparto Non So Come Ringraziarvi, ore 12,16

p.s.
per motivi inspiegabili che sicuramente esulano dalla corruzione monetaria e dal rapimento parentale, ci sarà una seconda presentazione. Mentre scrivevo mi hanno confermato la cosa, devo chiedere un pomeriggio di permesso in quanto sarà un sabato pomeriggio. Come aggravante, la titolare della libreria era addirittura presente alla serata e, nonostante questo, vuole che vada anche nella sua.

Come unica condizione, immediatamente accettata, ha chiesto solo una cosa.

Se vede una qualsiasi cosa a marchio Desigual addosso ad un uomo, slega i cani.

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