martedì 17 novembre 2020

Rialzarsi

 Due anni fa. 

Stasera ho fatto i guanti con Mirko.
Nessuno lo vuole, Mirko.
Quando Ruvido chiama le coppie, tutti si sbrigano a scegliere qualcuno che non sia lui, piuttosto boxano con Ilenia ma lo evitano tutti.
Stavolta, con il cerino in mano ci sono rimasto io.

Ha tatuaggi ovunque, tigri incazzate, serpenti incazzati, solo mezzo tao, la stessa frase in sei lingue diverse: "Non mi devi rompere il cazzo".
È roscio, cosa che a Roma vuol dire più di qualcosa, ma non è certo per quello che nessuno lo vuole.
È sempre incazzato.
E odia essere colpito.
Io l'ho fatto.
Un montante sinistro proprio nell'attimo in cui ha perso la concentrazione per guardarsi riflesso nel vetro della porta. Dopo aver osato l'inosabile, proprio mentre mi sentivo il re del mondo, ho visto i suoi occhi aprirsi, le sopracciglia sollevarsi e diventare curve, i guantoni sollevarsi nella guardia perfetta, incassare la testa e piantare i suoi occhi su di me. Il pensiero "mò sò cazzi" è stato immediato.

Faccio un passo indietro, grosso errore ma sì, quello che ho visto mi ha spaventato e per un attimo di troppo ha vinto l'autoconservazione. Ormai non posso recuperare il centro del ring, ci dividono almeno dieci chili, dodici anni e lui li ha tutti passati in palestra. Schivo un primo diretto sinistro portato con media convinzione, è un pugno di studio, vuole vedere come reagisco e quanto tempo ci metto per farlo, dove apro la guardia. Resisto. Faccio partire una serie di diretti per tenerlo a bada, ho braccia più lunghe e cerco di sfruttare questo vantaggio, ma lui non si muove: chiude la guardia e incassa. Faccio l'errore di aspettare un secondo di troppo per un gancio al fianco.
Le parole chiave sono "tentare" ma soprattutto "un secondo di troppo".
Mi prende in piena faccia il 38 barrato.
La prospettiva cambia completamente, non è la Nevsky ma un soffitto candido e luci improvvisamente accecanti. Non sento nulla, campane, uccellini, cori angelici sono tutte cazzate da film: quando sei a terra non senti nulla. Nulla.
Ma capisci.

Adesso sarebbe il momento di una di quelle cazzate motivazionali, di come il tuo valore si misuri sulla capacità di rialzarsi e roba simile.
Diamine, pensi, il pavimento del ring è morbido.
Riesci anche a respirare, cosa che al quinto round, se non sei allenato, fai con estrema difficoltà.
La faccia non ti fa male, ancora, quindi stai anche una favola.
Di rialzarti non hai proprio voglia, stai bene.
Ma lo fai.
Non per chi ti aspetta, non per chi ti sta guardando, nemmeno per chi hai paura di deludere o per il timore di perdere la faccia. No.
La verità è che quando ti rialzi, nemmeno tu sai il perché. Ma lo fai.
E quando lo fai, sorridi. Stupidamente, scioccamente tu, almeno tu nell'universo, solo ed esclusivamente perché avevi voglia di restartene comodo a terra ma hai sentito qualcosa. Non te ne sei accorto, ma lo hai sentito. E quella cosa ti ha rimesso in piedi senza che te ne rendessi nemmeno conto.

Ti rialzi solo per il tempo di prenderne un altro da Mirko, ma ti sei rialzato una volta, puoi ripetere ancora il tutto.
Non sono più riuscito a colpirlo, sia chiaro, e lui mi ha preso spesso e volentieri.
Ma eravamo in piedi, cazzo.

Ruvido ha suonato il gong mentre ero a terra, non c'è conta in allenamento, quindi può considerarsi un k.o.
Dalla mia comoda postazione orizzontale, ho visto il suo faccione mettersi tra me e le luci. Sono riuscito addirittura a capire la sua domanda:
"Che cazzo hai da ridere?"
Non ha aspettato una impossibile risposta, mi ha sollevato prendendomi da dietro, mi ha slacciato le protezioni e tolto i guantoni. Non avevo ancora ripreso fiato, non ero ancora in grado di dire nulla, per questo non ho potuto rispondere quando mi ha detto
"Hai capito perché ti sei rialzato?"
"No"
"Ma lo hai fatto. Tre volte"
"Sì"
"Sei un fine conversatore, complimenti, dovresti scrivere libri ed essere invitato nei salotti della Roma bene"
"Beh..."
Allarga le braccia e fa un passo indietro.
"Ma nemmeno da Kant escono simili perle, devono invitarti nelle università per dei seminari, ma bravo!"
"Io..."
"Ti aiuto perché ti vedo provato: ti sei rialzato per me?"
"No"
"Perché hai pensato a stronzate tipo parenti, compagne e cose così?"
"No"
"Per te stesso allora"
"Nemmeno"
"Stai migliorando a vista d'occhio! Allora perché, sentiamo"
"Non lo so. La verità è che non lo so. Non avevo fiato, sapevo che le avrei prese ancora e ho anche pensato che, vaffanculo, avresti dovuto fermarlo e non lo hai fatto, ma escludi anche la rabbia, perché non ero affatto arrabbiato"
"Ma ancora non hai capito perché"
"No"
"Perfetto. Non ci pensare, non devi capirlo. Anzi, sbattitene proprio il cazzo del perché, magari il giorno che lo capisci è quello in cui resti a terra. Rialzarsi conta, i motivi, no"

Si cade.
Per un pugno o perché si scivola.
Ma ci si rialza. Sorridendo.
Senza un perché.
È difficile. A volte impossibile.
Ma succede.
E se non succede subito, si aspetta magari di riprendere fiato un attimo.
Rimanere a terra non significa essere sconfitti, spesso si sta solo riprendendo fiato o aspettando che quel qualcosa che ci ha fatto rialzare in passato torni di nuovo.

Forse vi starete chiedendo quale sia quella cosa, quella che si sente a terra e che ci fa rialzare.
Curly. Chiedete a lui. Se non sapete chi è Curly, andate a guardare quel capolavoro che è Scappo dalla città.
E saprete cos'è.

La mia, la so.
Ma è diversa per tutti, occhio.

3 commenti:

  1. Oggi scorrevo. Il telefono è ho visto, on un angolino, la pagina che mi ero salvata in home come assicurazione contro le dimenticanze. Facebook è un po' più povero ma vedo che ci sei ancora, ed è sempre un piacere leggerti

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  2. Uno dei miei pezzi preferiti. Per coincidenza, ci stavo pensando proprio qualche giorno fa. È stato un gran piacere vederlo riproposto qui!

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  3. Come sia arrivata qui? Iniziando da Anon Alien e poi girando in tondo e on largo tta nerd e messaggi in bottiglia. Piacere di conoscerti. Come mai nel tuo più recente post non si possono metterr commenti?

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